domenica 1 novembre 2020

Il mio omaggio a Kenzo




 

Kenzo è un nome con cui ho sempre avuto una certa familiarità sin da piccola.

Quando curiosavo nell'armadio di mamma, con quel fare civettuolo tipico delle bambine che giocano a fare le piccole donne, "KENZO - Paris -" era uno dei nomi più ricorrenti che leggevo sulle etichette degli abiti appesi.

La mia mamma infatti ha sempre avuto una passione per la moda, un gran gusto nel vestire e uno stile molto moderno e all'avanguardia.

Ecco perché, quando qualche settimana fa (il 4 ottobre), nel pieno svolgimento della settimana della moda parigina, è stata annunciata la morte di Kenzo per complicazioni da Covid-19, con un velo di commozione e di nostalgia mi sono infilata nella cabina armadio di mamma come facevo da bambina, alla ricerca di quei capi vintage di Kenzo, che lei gelosamente ancora conserva.

La mia scelta è caduta su un completo che mi pare rappresenti in pieno lo stile brillante, esuberante e vitale di Kenzo: una maglietta gialla con le maniche arricciate, un paio di pantaloni larghi allacciati alla caviglia in un color rosso mattone a quadri e una fusciacca multicolor.
Dopo più di trent'anni da quando lo indossava la mia mamma, questo look coloratissimo, allegro, dalla silhouette inusuale ma di classe, è ancora molto attuale. Non trovate?










Kenzo, pioniere della moda giapponese in Europa


Kenzo Takada (universalmente conosciuto come Kenzo), pioniere della moda giapponese in Europa, arrivò a Parigi nel 1964 dopo aver frequentato il Bunka Fashion College a Tokyo e da quel momento non lasciò più la capitale francese.
Ispirato dalle tradizioni nipponiche e al tempo stesso curioso di sperimentare i codici d'abbigliamento francesi, Kenzo acquistava i primi tessuti nei tipici mercatini delle pulci parigini, per poi plasmarli attraverso la sua eclettica visione giapponese. Il risultato furono dei capi d'abbigliamento innovativi, a metà tra il rigore europeo e i colori, i modelli e gli estetismi tipici del Sol Levante, che conquistarono la scena fashion dell'epoca.


La storia di Kenzo


Kenzo nacque a Himeji, vicino a Osaka, il 27 febbraio del 1939: era uno dei sette figli di Kenji e Shizu Takada, che gestivano un hotel. Nonostante un interesse per la moda sviluppato sin da piccolo, a 18 anni per compiacere i genitori si iscrisse all'università di Kyoto per studiare letteratura, ma abbandonò gli studi un anno dopo, per iscriversi al Bunka Fashion College di Tokyo (celebre scuola di moda giapponese, fino a quell'anno aperta solo alle donne).
Iniziò a lavorare nel 1960, disegnando vestiti per ragazze per i grandi magazzini Sanai: arrivava a produrre sino a 40 look al mese! 
Ma la sua vita cambiò grazie ai lavori per le Olimpiadi del 1964: il suo appartamento venne distrutto per far posto ai nuovi progetti e ricevette 10 mesi di affitto come risarcimento, che usò per finanziarsi un viaggio in Europa.
Stabilitosi a Parigi, Kenzo inizialmente si manteneva vendendo bozzetti di abiti agli stilisti dell'haute couture, fino a quando, nel 1970, aprì una piccola boutique nella Galerie Vivienne, chiamata Jungle Jap.
Il successo arrivò velocemente, nel 1971, quando la rivista di moda Elle pubblicò in copertina uno dei suoi lavori e la sfilata organizzata nella sua boutique attirò giornalisti di moda da tutto il mondo.
In seguito ad alcune controversie sul nome del suo store (negli Stati Uniti era considerato offensivo, perché ricordava l'ostilità contro i giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale), Kenzo rinominò il suo marchio nel 1976, quando trasferì la sua boutique nella celebre Place des Victoires.

Le sfilate erano un suo punto di forza: le organizzava proprio nel suo negozio, dove proponeva vestiti ready-to-wear durante la settimana della haute couture. Con 50 anni di anticipo sul cosiddetto see-now-buy-now, faceva sfilare i capi per la primavera in primavera (e non sei mesi prima, in autunno, come è consuetudine ancora oggi) e fu tra i primi a proporre abiti unisex. 
Le sue sfilate diventarono spettacolari e sorprendenti: nel 1977 ne organizzò una allo Studio 54, il leggendario locale notturno di Manhattan; quella del 1979 fu ospitata nella tenda di un circo e si concluse con l'uscita di Kenzo sopra un elefante.

Nel 1983 introdusse l'abbigliamento maschile, nel 1986 una linea di jeans, nel 1988 i profumi e l'arredamento. Poi nel 1993 Kenzo vendette l'azienda per 80 milioni di dollari a LVMH, il più grande gruppo del lusso francese di proprietà di Bernard Arnault.

Nonostante abbia lasciato l'industria moda nel 1999, Kenzo non smise mai di creare, spaziando dal design ai costumi teatrali (come quelli della Madama Butterfly realizzati nel 2019 per la Tokyo Nikkai Opera Foundation) e all'inizio di quest'anno aveva lanciato la griffe di home decoration K3.
Il suo brand di moda ha continuato a vivere, disegnato prima da Antonio Marras, poi dal duo Carol Lim e Humberto Leon e, attualmente, da Filipe Oliveira Baptista.



Moda a Parigi: la lezione giapponese


Con il suo lavoro, Kenzo ha aperto la strada per Parigi ad altri stilisti giapponesi.
Issey Myake, Rei Kawakubo e Johji Jamamoto, sono la triade jap per eccellenza emersa sulle passerelle degli anni '80. Si presentarono a Parigi sorprendentemente concettuali: dediti allo studio della materia (il tessuto) come imperativo assoluto, gli ultimi due addirittura cantori del total black. 
Contrariamente al loro stile geometrico, severo, sperimentale e dai colori spesso scuri, quello di Kenzo era estroso, esuberante e vivace. Diverso dal futurista Issey Miyake, diversissimo da Rei Kawakubo e Johji Jamamoto, che nel 1981 innescarono un'onda concettuale e pauperista, Kenzo al contrario amava i fiori, i motivi animalier, i colori saturi, che fondeva liberamente in quello stile Jungle fever esplosivo (e per allora sicuramente stupefacente!).



Il suo animo tanto creativo e gentile mancherà molto.💗













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